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CUCINA NATURALE MODERNA "appunti e aggiornamenti"

Ho sempre sostenuto che la cucina appartenga al gesto artigianale, un tipo di arte che coinvolge i sensi e richiede la mano dell'uomo e la sua conoscenza.

Attraverso la riflessione sui cambiamenti che sono parte della vita, mi sono aperto a rivedere il mio punto di vista sulla cucina.

Di solito quando guardo un broccolo il pensiero mi riporta immediatamente al ricordo degli altri ingredienti che ho gustato e cucinato insieme a questo ortaggio e successivamente mi focalizzo su questi gusti familiari per riconsolidarli nel piatto cucinato.
Attraverso questa osservazione ho iniziato a vedere che la mia memoria gustativa, anche se estesa, ha dei limiti.
È emerso che nel decidere quali possono essere i sapori da abbinare tra loro, la scelta dipendeva da questi limiti della memoria gustativa, appresi soprattutto dalla mia esperienza professionale, e ciò si contrapponeva alla possibilità di avere a disposizione la conoscenza più dettaglita e profonda della matrice del sapore di un numero incredibile d'ingredienti.

Il vecchio modello, che utilizzavo, di abbinamento degli ingredienti, che prevede l'accostamento di profili organolettici, mi limitava a ciò che non conoscevo attraverso ciò che conosco già.

La scienza moderna insegna che ogni ingrediente presenta una rete complessa di strutture chimiche chiamate composti volatili.
Sono loro che conferiscono a ciascun cibo il proprio sapore unico.
Questi sono responsabili per l'80% della nostra percezione gustativa quando assaggiamo un boccone o mandiamo giù un sorso.
Un ingrediente semplice come la lattuga ha circa venti di questi composti.
Il caffè ne ha quasi mille.
Perciò i composti volatili possono essere considerati come singoli mattoni che compongono la costruzione più grande, il sapore.

I cinque sapori primari vengono percepiti attraverso le reazioni chimiche che succedono sulla lingua quando mastichiamo il boccone di cibo.
Questi gusti costituiscono solo il 20% della nostra percezione al sapore, il restante 80% è percepito dal naso.
Mentre la componente gustativa è creata da elementi molecolari, acidi, zuccheri,grassi, e proteine, quella aromatica deriva da una classe di molecole totalmente diverse: i composti volatili.
Tutti gli aromi contribuiscono alla percezione del sapore nello stesso modo.
Prima che un singolo boccone entri nella bocca i composti aromatici raggiungono le cellule ricettive del naso e nella gola.
Una volta che il cibo entra nella bocca, attraverso la masticazione rilascia altri composti aromatici.
Oltre mille composti aromatici possono essere presenti in un singolo boccone di cibo.
Anche questi segnali sono registrati dal naso e dalla gola e tutti questi dati che riguardano quello che stai gustando vengono processati dal cervello.

Questo approfondimento, ancora in atto, sta letteralmente rivoluzionando il mio modo di cucinare, restando consapevole di essere un cuoco artigiano.

MEDITAZIONE

La parola «meditazione» deriva dal latino mederi che significa «risanare, curare, guarire»; un termine collegato alla parola «medicina». In sanscrito, si utilizza la parola bhavana, che si riferisce ai concetti di «crescita», «sviluppo», «educazione». Pertanto bhavana può essere tradotto sia come «meditazione» sia come «crescita spirituale». In realtà, la mente addestrata alla meditazione (bhavita) è una mente «risvegliata dal sonno delle continue sofferenze autoinflitte». Attualmente, esistono numerose forme di meditazione che si ispirano a tradizioni spirituali differenti, tra cui l’induismo, il buddhismo, il cristianesimo e l’islam. In occidente le forme più note si riferiscono agli insegnamenti del principe Siddhattha Gotama, conosciuto come il Buddha (colui che si è risvegliato), vissuto in India nel V secolo avanti Cristo. Egli ha insegnato due forme principali di meditazione: la prima, samatha, si basa sulla concentrazione unitiva; mentre la seconda, vipassanā, è dedicata allo sviluppo della consapevolezza mentale.

La meditazione vipassanā (mindfulness) è uno dei training più efficaci per rieducare la mente alla consapevolezza.

La meditazione vipassanā consiste in un insieme di procedure per sviluppare la consapevolezza durante la pratica meditativa al fine di estenderla a ogni aspetto della vita. La meditazione è dunque una sorta di allenamento in vista della partita vera e propria, che è la vita stessa. La consapevolezza sviluppata durante la mindfulness non è neutrale ma è in qualche modo sbilanciata verso la gentilezza e l’equanimità. La pratica della gentilezza tende a favorire la nascita della compassione verso sé stessi e verso gli altri. L’atteggiamento equanime e la gentilezza tendono a ridurre la tensione e il controllo, facilitano la capacità di abbandonarsi alla vita, di non attaccarsi alle «cose», di lasciarle andare.

Una caratteristica molto importante della meditazione riguarda l’attenzione. In alcuni tipi di meditazione l’attenzione viene focalizzata su di un oggetto (focused attention: FA) come ad esempio il respiro (nella meditazione ānāpānasati), un’immagine, oppure un mantra. In altri tipi l’attenzione viene mantenuta «aperta» (open awareness: OA), come ad esempio nella fase di osservazione della mente durante la meditazione vipassanā. Ulteriori caratteristiche sono: il rilassamento, che può essere o meno presente, le modalità del training di apprendimento e, infine, la dimensione devozionale e spirituale. Alcune pratiche meditative implicano l’adesione a una tradizione religiosa, mentre altre, come la mindfulness, sono considerate forme di meditazione laica, relativamente indipendenti dalla tradizione spirituale nella quale si sono sviluppate [Kabat-Zinn]. Attualmente il tipo di meditazione più diffuso in ambito clinico è la mindfulness. Questo termine riassume tre forme di meditazione: ānāpānasati (attenzione al respiro), vipassanā (osservazione degli stati della mente) e la contemplazione del corpo. Sul portale di medicina www.pubmed.gov sono registrate più di 1.500 ricerche relative alla mindfulness. In questa forma di meditazione la postura è in genere seduta, con la schiena diritta e gli occhi chiusi. La respirazione avviene attraverso le narici ed è spontanea. Nelle prime fasi l’attenzione viene focalizzata sul respiro (FA), mentre nelle fasi successive, durante l’osservazione degli stati della mente (vipassanā), l’attenzione rimane aperta (OA). L’obiettivo della mindfulness non è di produrre un rilassamento, ma di modificare lentamente le abitudini negative. Viene consigliata una pratica giornaliera di almeno 30 minuti. Come è stato accennato, per praticare la mindfulness non è necessario aderire al buddhismo. La meditazione samatha ha come obiettivo la concentrazione della mente e il raggiungimento di uno stato di coscienza non ordinario (samādhi). In genere, la meditazione samatha inizia con la focalizzazione dell’attenzione sul respiro (ānāpānasati). Per mantenere l’attenzione sull’oggetto della meditazione si consiglia di contare mentalmente le fasi di espirazione e quelle di inspirazione. La postura è simile a quella della meditazione vipassanā. Il rilassamento è presente e, negli stati più avanzati del samādhi, è molto profondo. In genere, la meditazione samatha viene praticata numerose ore al giorno dai monaci, più raramente dai laici. Molto conosciuta è anche la meditazione buddhista zen o Zazen. In questa pratica la postura è molto importante. I meditanti sono seduti nella posizione del loto, la schiena è diritta, gli occhi sono semiaperti e lo sguardo è mantenuto su di un punto posto a circa un metro di distanza, la mano sinistra è posta sul palmo della mano destra e i due pollici si toccano. All’inizio della meditazione la respirazione viene controllata per raggiungere una sufficiente concentrazione, quindi diventa libera. L’attenzione viene posta sul respiro oppure sulla risoluzione di una piccola storia paradossale (koan). La meditazione zen può essere effettuata per alcuni minuti fino ad alcune ore al giorno. Per praticare la meditazione zen non è necessario aderire al buddhismo.

Numerose forme di meditazione si ispirano allo yoga. Gli Yoga Sūtra di Pataňjali costituiscono uno dei primi e più sistematici studi sullo yoga. In questa raccolta di aforismi vengono indicate le principali tappe per trascendere lo stato ordinario di coscienza e raggiungere le più alte forme di concentrazione unitiva (samādhi). Per raggiungere questo obiettivo sono state sviluppate numerose tecniche meditative, come ad esempio: il Kuṇḍalini yoga, l’Hatha yoga, il Kriyā yoga, ecc. La pratica dell’Hatha yoga e del Kuṇḍalini yoga prevede numerose posture, alcune statiche altre dinamiche. Durante queste forme di meditazione l’attenzione viene focalizzata sia sulle posture sia sul respiro. Una particolare attenzione al respiro viene dedicata nella pratica molto nota, ma molto complessa del prāṇāyāma. Lo yoga viene considerato una scienza e una filosofia della mente, per questa ragione non si identifica pienamente con alcun sistema religioso. Una forma di meditazione molto diffusa in Occidente è la meditazione trascendentale sviluppata da Maharishi Mahesh Yogi (1918-2008), un esponente del Vedānta non dualista (advaita). Con questa forma di meditazione i praticanti cercano di raggiungere lo stato di coscienza trascendentale del puro Essere. Durante la meditazione i soggetti devono assumere una postura comoda, non devono controllare il respiro e debbono concentrare l’attenzione sulla ripetizione di un mantra segreto, assegnato a ciascun praticante dagli istruttori. L’apprendimento della meditazione trascendentale è semplice e la pratica deve essere ripetuta due volte al giorno per 15 minuti. In genere chi pratica la meditazione trascendentale aderisce alla visione spirituale del leader Maharishi. Numerose pratiche sono dedicate alla meditazione devozionale. Si tratta di meditazioni caratterizzate dall’abbandono e dall’adorazione di un essere ideale oppure di una virtù, come la gentilezza, la benevolenza e la compassione. Dietro alle meditazioni devozionali c’è l’idea che i praticanti possano arrivare ad assomigliare all’ideale su cui soffermano il loro pensiero e le loro emozioni. Ad esempio, i cristiani possono porre davanti alla loro mente l’immagine di Gesù Cristo, permettendo al pensiero di scorrere attraverso questa immagine come un flusso ininterrotto. In queste pratiche i soggetti possono assumere posture più o meno comode, il respiro viene mantenuto spontaneo, l’attenzione è focalizzata sulla persona o sulla virtù ideale, il rilassamento è possibile e la durata della pratica è variabile. Una caratteristica delle meditazioni devozionali è quella di riferirsi a una tradizione religiosa specifica. Le diverse forme di meditazione sono state oggetto di analisi e classificazione da parte delle neuroscienze. Uno degli studi più interessanti propone di classificare le meditazioni in tre gruppi: attenzionali, costruttive e decostruttive [Dahl, Lutz e Davidson 2015]. La caratteristica principale del primo gruppo riguarda il controllo dell’attenzione, che può essere focalizzata (ānāpānasati, samatha), oppure aperta (vipassanā). Le forme di meditazione costruttive sono volte al rafforzamento delle virtù (le meditazioni di gentilezza e compassione, le preghiere cristiane, la contemplazione della mortalità, ecc.); mentre le forme decostruttive cercano di modificare le abitudini che ostacolano lo sviluppo personale e sociale (vipassanā, zazen, meditazione analitica tibetana, Dzogchen, Muraqaba, ecc.).

"Meditazione: Appunti e indicazioni" tratti da: La meditazione mindfulness. Franco Fabbro.

 

 

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